Cosa dice l’Islam sui diritti umani?

Prima di discutere i diritti umani nell’Islam vorrei spiegare alcuni punti su due grandi approcci alla questione dei diritti umani: quello occidentale e quello islamico. Questo ci consentirà di studiare la questione nella sua giusta prospettiva ed evitare parte della confusione che normalmente offusca tale discussione.

L’approccio occidentale:

Le persone in Occidente hanno l’abitudine di attribuirsi ogni cosa buona e cercano di dimostrare che è grazie a loro che il mondo ha ricevuto questa benedizione, altrimenti il ​​mondo era immerso nell’ignoranza e completamente inconsapevole di tutti questi benefici . Passiamo ora alla questione dei diritti umani. È stato affermato a gran voce e a gran voce che il mondo ha ottenuto il concetto di diritti umani fondamentali dalla Magna Carta della Gran Bretagna; sebbene la stessa Magna Carta sia nata seicento anni dopo l’avvento dell’Islam.

Ma la verità è che fino al XVII secolo nessuno sapeva nemmeno che la Magna Carta conteneva i principi del Processo con Giuria; Habeas Corpus e il controllo del Parlamento sul diritto alla tassazione. Se le persone che avevano redatto la Magna Carta fossero vissute oggi, sarebbero rimaste molto sorprese se gli fosse stato detto che il loro documento conteneva anche tutti questi ideali e principi. Non avevano tale intenzione, né erano consapevoli di tutti questi concetti che ora vengono loro attribuiti. Per quanto ne so, gli occidentali non avevano alcun concetto di diritti umani e diritti civili prima del diciassettesimo secolo.

Anche dopo il Seicento i filosofi ei pensatori della giurisprudenza pur presentando queste idee, la prova pratica e la dimostrazione di questi concetti si trova solo alla fine del Settecento nei proclami e nelle costituzioni d’America e di Francia. Successivamente è apparso un riferimento ai diritti umani fondamentali nelle costituzioni dei diversi paesi. Ma più spesso i diritti che sono stati dati sulla carta non sono stati effettivamente dati alle persone nella vita reale. A metà del secolo attuale, le Nazioni Unite, che ora possono essere descritte in modo più appropriato e vero come le Nazioni Divise, hanno fatto una Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e hanno approvato una risoluzione contro il genocidio e hanno elaborato regolamenti per controllarla. Ma come tutti sapete non esiste una sola risoluzione o regolamento delle Nazioni Unite che possa essere applicato.

Sono solo l’espressione di una pia speranza. Non hanno sanzioni alle spalle, nessuna forza fisica o morale per farle rispettare. Nonostante tutte le risoluzioni altisonanti e ambiziose delle Nazioni Unite, i diritti umani sono stati violati e calpestati in diversi luoghi, e le Nazioni Unite sono state uno spettatore impotente. Non è in grado di esercitare un controllo efficace sulla violazione dei diritti umani. Anche l’atroce crimine del genocidio viene perpetrato nonostante tutti i proclami delle Nazioni Unite. Proprio nel vicino Paese del Pakistan, da ventotto anni è in atto il genocidio dei musulmani, ma le Nazioni Unite non hanno il potere e la forza per compiere alcun passo contro l’India. Nessuna azione è stata intrapresa nemmeno contro alcun paese colpevole di questo crimine gravissimo e rivoltante.

L’approccio islamico:

Il secondo punto che vorrei chiarire fin dall’inizio è che quando parliamo di diritti umani nell’Islam intendiamo veramente che questi diritti sono stati concessi da Dio; non sono stati concessi da alcun re o da alcuna assemblea legislativa. I diritti concessi dai re o dalle assemblee legislative, possono essere revocati anche nelle stesse modalità con cui sono stati conferiti. Lo stesso vale per i diritti accettati e riconosciuti dai dittatori. Possono conferirli quando vogliono e ritirarli quando vogliono; e possono violarli apertamente quando vogliono.

Ma poiché nell’Islam i diritti umani sono stati conferiti da Dio, nessuna assemblea legislativa nel mondo, o alcun governo sulla terra ha il diritto o l’autorità di apportare modifiche o cambiamenti ai diritti conferiti da Dio. Nessuno ha il diritto di abrogarli o ritirarli. Né sono i diritti umani fondamentali che vengono conferiti sulla carta per amore dello spettacolo e dell’esibizione e negati nella vita reale quando lo spettacolo è finito. Né sono come concetti filosofici che non hanno sanzioni dietro di loro.

Lo statuto, i proclami e le risoluzioni delle Nazioni Unite non possono essere paragonati ai diritti sanciti da Dio; perché il primo non è applicabile a nessuno mentre il secondo è applicabile a ogni credente. Sono una parte integrante della fede islamica. Ogni musulmano o amministratori che si dichiarano musulmani dovranno accettarli, riconoscerli e farli rispettare. Se non riescono a farli rispettare, e iniziano a negare i diritti che sono stati garantiti da Dio o apportano emendamenti e cambiamenti in essi, o li violano praticamente mentre li aderiscono a parole, il verdetto del Santo Corano per tali governi è chiaro e inequivocabile:

Coloro che non giudicano da ciò che Dio ha fatto scendere sono i dis Credenti (kafirun). 5:44

Anche il versetto seguente proclama: “Sono i malfattori (zalimun)” (5:45), mentre un terzo versetto nello stesso capitolo dice: “Sono i malvagi (fasiqun)” (5: 47). In altre parole questo significa che se le autorità temporali considerano giuste le proprie parole e decisioni e sbagliate quelle date da Dio, sono miscredenti. Se d’altra parte considerano giusti i comandamenti di Dio, ma li respingono consapevolmente e fanno rispettare le proprie decisioni contro quelle di Dio, allora sono i malfattori e gli ingiusti. Fasiq, il trasgressore della legge, è colui che ignora il vincolo di fedeltà, e zalim è colui che opera contro la verità. Appartengono quindi ad una di queste due categorie tutte quelle autorità temporali che pretendono di essere musulmane e tuttavia violano i diritti sanciti da Dio, o sono i miscredenti o sono i malfattori e i malfattori. I diritti sanciti da Dio sono permanenti, perpetui ed eterni. Non sono soggetti ad alcuna alterazione o modifica e non vi è spazio per alcuna modifica o abrogazione.

CAPITOLO DUE DIRITTI UMANI FONDAMENTALI

La prima cosa che troviamo nell’Islam a questo proposito è che stabilisce alcuni diritti per l’uomo come essere umano. In altre parole significa che ogni uomo, sia che appartenga a questo paese o quello, che sia credente o non credente, che viva in qualche foresta o si trovi in ​​qualche deserto, qualunque sia il caso, ha dei diritti umani fondamentali semplicemente perché è un essere umano, che dovrebbe essere riconosciuto da ogni musulmano. Sarà suo dovere, infatti, adempiere a questi obblighi.

  • Il diritto alla vita

Il primo e fondamentale diritto fondamentale è il diritto di vivere e rispettare la vita umana. Il Sacro Corano stabilisce:
Chiunque uccida un essere umano senza (nessuna ragione come) il massacro dell’uomo, o la corruzione sulla terra, è come se avesse ucciso tutta l’umanità … (5:32)
Per quanto riguarda la questione di togliere la vita in rappresaglia per omicidio o la questione della punizione per la diffusione della corruzione su questa terra, può essere decisa solo da un tribunale appropriato e competente.

Se c’è una guerra con una nazione o un paese, può essere decisa solo da un governo adeguatamente costituito. In ogni caso, nessun essere umano ha il diritto da solo di prendere la vita umana per rappresaglia o per aver causato danni su questa terra. Pertanto spetta ad ogni essere umano che in nessun caso debba essere colpevole di aver tolto una vita umana. Se qualcuno ha ucciso un essere umano, è come se avesse ucciso l’intera razza umana. Queste istruzioni sono state ripetute nel Sacro Corano in un altro luogo dicendo:


Non uccidere un’anima che Allah ha reso sacra se non attraverso il dovuto processo di legge … (6:151) Anche qui l’omicidio è stato distinto dalla distruzione della vita portata fuori alla ricerca della giustizia. Solo un tribunale adeguato e competente potrà decidere se un individuo ha perso o meno il suo diritto alla vita ignorando il diritto alla vita e alla pace degli altri esseri umani. Il Profeta, che la benedizione di Dio sia su di lui, ha dichiarato l’omicidio come il peccato più grande solo dopo il politeismo.

La Tradizione del Profeta recita: “I peccati più grandi sono associare qualcosa a Dio e uccidere gli esseri umani”. In tutti questi versetti del Corano e delle Tradizioni del Profeta la parola “anima” (nafs) è stata usata in termini generali senza alcuna distinzione o particolarizzazione che si sarebbe prestata alla delucidazione che le persone appartenenti alla propria nazione, i cittadini del proprio paese, le persone di una particolare razza o religione non dovrebbero essere uccisi. L’ingiunzione si applica a tutti gli esseri umani e la distruzione della vita umana in sé è stata vietata.

‘Il diritto alla vita’ è stato dato all’uomo solo dall’Islam. Osserverai che le persone che parlano di diritti umani se li hanno mai menzionati nelle loro Costituzioni o Dichiarazioni, allora è chiaramente implicito in loro che questi diritti sono applicabili solo ai loro cittadini o sono stati inquadrati solo per la razza bianca. Questo può essere chiaramente dedotto dal fatto che gli esseri umani sono stati cacciati come animali in Australia e la terra è stata sgomberata dagli aborigeni per l’uomo bianco.

Allo stesso modo la popolazione aborigena d’America fu sistematicamente distrutta e gli indiani rossi che in qualche modo sopravvissero a questo genocidio furono confinati in aree specifiche chiamate riserve. Sono anche penetrati in Africa e hanno dato la caccia agli esseri umani come animali selvatici. Tutti questi casi dimostrano che non hanno rispetto per la vita umana in quanto tale e se lo hanno, è solo sulla base della loro nazionalità, colore o razza. Al contrario, l’Islam riconosce questo diritto a tutti gli esseri umani. Se un uomo appartiene a una tribù primitiva o selvaggia, anche allora l’Islam lo considera un essere umano.

  • Il diritto alla salvezza della vita

Subito dopo il versetto del Santo Corano che è stato menzionato in relazione al diritto alla vita, Dio ha detto: “E chi salva una vita è come se avesse salvato la vita di tutta l’umanità” (5:32). Ci possono essere diverse forme per salvare l’uomo dalla morte. Un uomo può essere malato o ferito, indipendentemente dalla sua nazionalità, razza o colore. Se sai che ha bisogno del tuo aiuto, allora è tuo dovere organizzare il suo trattamento per la malattia o la ferita. Se sta morendo di fame, è tuo dovere dargli da mangiare in modo che possa scongiurare la morte.

Se sta annegando o è in gioco la sua vita, allora è tuo dovere salvarlo. Sarai sorpreso di sentire che il Talmud, il libro religioso degli ebrei, contiene un verso di natura simile, ma lo registra in una forma completamente diversa. Dice: “Chi ha distrutto una vita dell’israelita, agli occhi della Scrittura, è come se avesse distrutto il mondo intero.

E chi ha protetto e salvato una vita dell’israelita, alla luce della Scrittura, è come se ha salvato il mondo intero”. Il Talmud contiene anche l’idea che se un non israelita sta annegando e tu hai cercato di salvarlo, allora sei un peccatore. Si può dare un nome diverso da razzismo? Consideriamo nostro dovere salvare ogni vita umana, perché è così che siamo stati comandati nel Santo Corano. D’altra parte, se ritengono necessario salvare la vita di un essere umano, dovrebbe essere la vita di un israelita.

Per quanto riguarda le altre persone, secondo questo punto di vista, non sembrano abbastanza umane da meritare la protezione della propria persona. Nella loro letteratura il concetto di ‘Goyim’ per il quale viene usata la parola inglese ‘Gentile’ e la parola araba ummi (analfabeta) è che non godono di diritti umani; i diritti umani sono riservati solo ai figli di Israele. Il Corano ha menzionato questa credenza degli israeliti e cita gli ebrei che dicono: “Non c’è colpa su di noi (per qualsiasi cosa possiamo fare) nei confronti del popolo illetterato (cioè l’ummi)” (3:75).

  • Rispetto per la castità delle donne

La terza cosa importante che troviamo nella Carta dei diritti umani concessa dall’Islam è che la castità di una donna deve essere rispettata e protetta in ogni circostanza, sia che appartenga alla nostra nazione o alla nazione di un nemica, sia che la troviamo nella foresta selvaggia o in una città conquistata; se è la nostra correligiosa o appartiene a qualche altra religione o non ha alcuna religione. Un musulmano non può oltraggiarla in nessuna circostanza. Gli è stata vietata ogni relazione promiscua, indipendentemente dallo stato o dalla posizione della donna, dal fatto che la donna sia consenziente o non consenziente all’atto.

Le parole del Santo Corano a questo riguardo sono:

“Non avvicinarti (ai limiti dell’) adulterio” (17:32).

Per questo crimine è stata prescritta una punizione pesante e l’ordine non è stato condizionato da alcuna condizione. Poiché la violazione della castità di una donna è proibita nell’Islam, un musulmano che commette questo crimine non può sfuggire alla punizione, sia che lo riceva in questo mondo o nell’aldilà. Questo concetto di santità, castità e protezione delle donne non si trova da nessun’altra parte se non nell’Islam. Gli eserciti delle potenze occidentali hanno bisogno delle figlie della loro nazione per soddisfare i loro appetiti carnali anche nei loro paesi, e se capita di occupare un altro paese, il destino delle sue donne può essere meglio immaginato che descritto. Ma la storia dei musulmani, a parte qualche lacuna degli individui qua e là, è stata esente da questo crimine contro la femminilità.

Non è mai accaduto che dopo la conquista di un paese straniero l’esercito musulmano si sia recato a violentare le donne del popolo conquistato, né che nel proprio paese il governo abbia provveduto a procurare loro delle prostitute1. Questa è anche una grande benedizione che la razza umana ha ricevuto attraverso l’Islam.2

  • Il diritto a uno standard di vita fondamentale


Parlando dei diritti economici che il Santo Corano impone ai suoi seguaci:
E nella loro ricchezza è riconosciuto il diritto per i bisognosi e gli indigenti . (51:19)
Le parole di questa ingiunzione mostrano che si tratta di un ordine categorico e non qualificato. Inoltre questa ingiunzione è stata data alla Mecca dove non esisteva una società musulmana e dove generalmente i musulmani dovevano entrare in contatto con la popolazione dei miscredenti. Quindi il chiaro significato di questo versetto è che chi chiede aiuto e chi soffre di privazione ha diritto alla proprietà e alla ricchezza dei musulmani; indipendentemente dal fatto che appartenga a questa nazione oa quella nazione, a questo paese oa quel paese, a questa razza oa quella razza. Se sei in grado di aiutare e una persona bisognosa ti chiede aiuto o se vieni a sapere che ha bisogno, allora è tuo dovere aiutarlo. Dio ha stabilito il suo diritto su di te, che devi onorare come musulmano.

  • Diritto dell’individuo alla libertà

L’Islam ha chiaramente e categoricamente proibito la pratica primitiva di catturare un uomo libero, di renderlo schiavo o di venderlo come schiavo. Su questo punto le parole chiare ed inequivocabili del Profeta (S) sono le seguenti: “Vi sono tre categorie di persone contro le quali io stesso sarò querelante nel Giorno del Giudizio. Di queste tre, uno è colui che rende schiavo un libero uomo, poi lo vende e mangia questo denaro” (al-Bukhari e Ibn Majjah). Anche le parole di questa Tradizione del Profeta sono generali, non sono state qualificate o rese applicabili a una particolare nazione, razza, paese o seguaci di una particolare religione.

Gli europei sono molto orgogliosi di affermare di aver abolito la schiavitù dal mondo, sebbene abbiano avuto la decenza di farlo solo a metà del secolo scorso. Prima di questo, queste potenze occidentali avevano razziato l’Africa su vasta scala, catturando i loro uomini liberi, mettendoli in schiavitù e trasportandoli nelle loro nuove colonie. Il trattamento riservato a queste persone sfortunate è stato peggiore di quello riservato agli animali. I libri scritti dagli stessi occidentali testimoniano questo fatto.

  • La tratta degli schiavi delle nazioni occidentali:

dopo l’occupazione dell’America e delle Indie Occidentali, per trecentocinquanta anni, il traffico degli schiavi continuò. Le coste africane dove gli africani catturati dalla pelle nera venivano portati dall’interno dell’Africa e imbarcati sulle navi che partivano da quei porti, divennero note come la Costa degli Schiavi. In un solo secolo (dal 1680 al 1786) il numero totale di persone libere catturate e ridotte in schiavitù solo per le colonie britanniche ammonta, secondo la stima degli autori britannici, a 20 milioni di esseri umani. Nel periodo di un solo anno (1790) ci viene detto che 75.000 esseri umani furono catturati e mandati ai lavori forzati nelle Colonie. Le navi utilizzate per il trasporto degli schiavi erano piccole e sporche.

Questi sfortunati africani furono spinti nelle stive di queste navi come bestiame fino alla cima e molti di loro furono incatenati agli scaffali di legno su cui difficilmente potevano muoversi perché questi erano solo diciotto pollici di distanza, tenuti uno sopra l’altro. Non ricevevano cibo adeguato e, se si ammalavano o venivano feriti, non veniva fatto alcun tentativo di fornire loro cure mediche. Gli stessi scrittori occidentali affermano che almeno il 20% del numero totale di persone catturate per schiavitù e lavoro forzato sono morte durante il loro trasporto dalla costa africana all’America.

È stato anche stimato che il numero totale di persone che furono catturate in schiavitù dalle varie nazioni europee durante il periodo di massimo splendore della tratta degli schiavi arriva ad almeno cento milioni. Questo è il record delle persone che denunciano giorno e notte i musulmani per aver riconosciuto l’istituzione della schiavitù. È come se un criminale puntasse il dito contro un innocente.

  • La posizione della schiavitù nell’Islam:

brevemente vorrei parlarvi della posizione e della natura della schiavitù nell’Islam. L’Islam ha cercato di risolvere il problema degli schiavi che erano in Arabia incoraggiando la gente in diversi modi a liberare i propri schiavi. Ai musulmani fu ordinato che in espiazione di alcuni dei loro peccati avrebbero dovuto liberare i loro schiavi. Liberare uno schiavo di propria spontanea volontà era dichiarato atto di grande merito, tanto che si diceva che ogni arto dell’uomo che manumi uno schiavo sarebbe stato protetto dal fuoco dell’inferno al posto dell’arto dello schiavo liberato da lui. Il risultato di questa politica fu che quando fu raggiunto il periodo dei califfi ben guidati, tutti i vecchi schiavi d’Arabia furono liberati. Il solo Profeta liberò ben 63 schiavi.

Il numero di schiavi liberati da ‘Aishah era 67, ‘Abbas ne liberò 70, ‘Abd Allah ibn ‘Umar ne liberò mille e ‘Abd al-Rahman ne acquistò trentamila e li lasciò liberi. Allo stesso modo altri Compagni del Profeta liberarono un gran numero di schiavi, i cui dettagli sono riportati nelle Tradizioni e nei libri di storia di quel periodo.

Così il problema degli schiavi d’Arabia fu risolto in un breve periodo di trenta o quarant’anni. Dopo di che l’unica forma di schiavitù rimasta nella società islamica erano i prigionieri di guerra, che venivano catturati sul campo di battaglia. Questi prigionieri di guerra sono stati trattenuti dal governo musulmano fino a quando il loro governo non ha accettato di riaverli in cambio di soldati musulmani catturati da loro, o ha organizzato il pagamento del riscatto per loro conto. Se i soldati catturati non venivano scambiati con prigionieri di guerra musulmani, o il loro popolo non pagava il riscatto per acquistare la loro libertà, allora il governo musulmano li distribuiva tra i soldati dell’esercito che li aveva catturati.

Questo era un modo più umano e corretto di sbarazzarsi di loro che trattenerli come bestiame nei campi di concentramento e sottrarre loro i lavori forzati e, se anche le loro donne venivano catturate, metterle da parte per la prostituzione. Al posto di un modo così crudele e oltraggioso di disporre dei prigionieri di guerra, l’Islam ha preferito diffonderli nella popolazione e quindi metterli in contatto con i singoli esseri umani. Inoltre, ai loro tutori fu ordinato di trattarli bene. Il risultato di questa politica umana fu che la maggior parte degli uomini catturati sui campi di battaglia stranieri e portati nei paesi musulmani come schiavi abbracciarono l’Islam e i loro discendenti produssero grandi studiosi, imam, giuristi, commentatori, statisti e generali dell’esercito. Tanto che in seguito divennero i governanti del mondo musulmano.

La soluzione di questo problema che è stata proposta nell’epoca attuale è che dopo la cessazione delle ostilità i prigionieri di guerra dei paesi combattenti dovrebbero essere scambiati. Mentre i musulmani l’hanno praticato fin dall’inizio e ogni volta che l’avversario ha accettato lo scambio di prigionieri di guerra da entrambe le parti, è stato attuato senza la minima esitazione o ritardo. Nella guerra moderna troviamo anche che se un governo è completamente messo in rotta lasciandolo in una posizione di non negoziazione per i prigionieri di guerra e la parte vincente ottiene i suoi prigionieri facilmente, allora l’esperienza ha dimostrato che i prigionieri di guerra dell’esercito vinto sono tenuti in condizioni molto peggiori di quelle degli schiavi.

Qualcuno può dirci qual è stato il destino delle migliaia di prigionieri di guerra catturati dalla Russia dagli eserciti sconfitti di Germania e Giappone nella seconda guerra mondiale? Finora nessuno ha fornito il proprio resoconto. Nessuno sa quante migliaia di loro siano ancora in vita e quante migliaia siano morte a causa delle difficoltà dei campi di concentramento e di lavoro russi. Il lavoro forzato che è stato loro tolto è molto peggio del servizio che si può esigere dagli schiavi. Forse anche ai tempi degli antichi faraoni d’Egitto tale duro lavoro potrebbe non essere stato richiesto agli schiavi nella costruzione delle piramidi d’Egitto, come è stato richiesto ai prigionieri di guerra in Russia nello sviluppo della Siberia e in altre aree arretrate della Russia, o lavorano nel carbone e in altre miniere a temperature sotto lo zero, mal vestiti, mal nutriti e brutalmente trattati dai loro supervisori.

  • Il diritto alla giustizia

Questo è un diritto molto importante e prezioso che l’Islam ha concesso all’uomo in quanto essere umano. Il Santo Corano ha stabilito: “Non lasciate che il vostro odio per un popolo vi inciti all’aggressione” (5:2). “E non lasciare che la malizia verso alcuno ti inciti così da evitare di agire con giustizia. Sii giusto; questo è più vicino alla sollecitudine” (5:8). Sottolineando questo punto, il Corano dice ancora: “Voi che credete state saldi davanti a Dio come testimoni della (verità e) correttezza” (4:135). Questo rende chiaro il punto che i musulmani devono stare non solo con gli esseri umani ordinari, ma anche con i loro nemici.

In altre parole, la giustizia a cui l’Islam invita i suoi seguaci non è limitata solo ai cittadini del proprio paese, o alle persone della propria tribù, nazione o razza, o all’intera comunità musulmana, ma è destinata a tutti gli esseri umani del mondo. I musulmani, quindi, non possono essere ingiusti con nessuno. La loro abitudine permanente e il loro carattere dovrebbero essere tali che nessun uomo dovrebbe mai temere l’ingiustizia per mano loro, e dovrebbero trattare ogni essere umano ovunque con giustizia ed equità.

  • Uguaglianza degli Esseri Umani

L’Islam non solo riconosce l’uguaglianza assoluta tra gli uomini indipendentemente da ogni distinzione di colore, razza o nazionalità, ma ne fa un principio importante e significativo, una realtà. L’Onnipotente Dio ha stabilito nel Santo Corano: “O umanità, ti abbiamo creato da un maschio e una femmina”. In altre parole, tutti gli esseri umani sono fratelli l’uno dell’altro. Sono tutti i discendenti di un padre e di una madre. “E noi vi costituiamo nazioni e tribù affinché possiate riconoscervi” (49,13). Ciò significa che la divisione degli esseri umani in nazioni, razze, gruppi e tribù è a fini di distinzione, in modo che le persone di una razza o tribù possano incontrarsi e conoscere persone appartenenti a un’altra razza o tribù e cooperare tra loro.

Questa divisione della razza umana non è destinata a una nazione per essere orgogliosa della sua superiorità sugli altri, né è destinata a una nazione per trattare un’altra con disprezzo o disonore, o considerarli come una razza meschina e degradata e usurpare i loro diritti. «In verità, i più nobili tra voi davanti a Dio sono i più attenti a voi» (49,13). In altre parole, la superiorità di un uomo su un altro è solo sulla base della coscienza di Dio, della purezza del carattere e dell’alta morale, e non in base al colore, alla razza, alla lingua o alla nazionalità, e anche questa superiorità basata sulla pietà e sulla pura la condotta non giustifica che tali persone debbano fare il signore o assumere arie di superiorità sugli altri esseri umani.

Assumere arie di superiorità è di per sé un vizio riprovevole che nessun uomo pio e timorato di Dio potrà mai sognarsi di perpetrare. Né i giusti hanno diritti più privilegiati sugli altri, perché ciò va contro l’uguaglianza umana, che è stata posta all’inizio di questo versetto come principio generale. Dal punto di vista morale, il bene e la virtù sono in tutti i casi migliori del vizio e del male.
Questo è stato esemplificato dal Profeta in uno dei suoi detti così: “Nessun arabo ha alcuna superiorità su un non-arabo, né un non-arabo ha alcuna superiorità su un arabo. Né un uomo bianco ha alcuna superiorità su un nero. l’uomo, o l’uomo nero qualsiasi superiorità sull’uomo bianco. Siete tutti figli di Adamo, e Adamo è stato creato dall’argilla” (al-Bayhaqi e al-Bazzaz). In questo modo l’Islam ha stabilito l’uguaglianza per l’intera razza umana e ha colpito alla radice tutte le distinzioni basate sul colore, la razza, la lingua o la nazionalità.

Secondo l’Islam, Dio ha dato all’uomo questo diritto all’uguaglianza come diritto di nascita. Pertanto nessun uomo dovrebbe essere discriminato sulla base del colore della sua pelle, del suo luogo di nascita, della razza o della nazione in cui è nato. Malcolm X, il famoso leader dei negri africani in America, che aveva lanciato un’aspra lotta contro i bianchi d’America per conquistare i diritti civili per i suoi compatrioti neri, quando andò a compiere il pellegrinaggio, e vide come i musulmani dell’Asia , l’Africa, l’Europa, l’America e quelli di diverse razze, lingue e colori della pelle, indossavano un unico vestito e si affrettavano verso la casa di Dio, la Ka’bah, e offrivano preghiere in piedi in una fila e non c’era distinzione di alcun tipo tra loro , poi si rese conto che questa era la soluzione al problema del colore e della razza, e non quello che aveva cercato di cercare o ottenere in America finora.

Oggi, un certo numero di pensatori non musulmani, liberi da pregiudizi ciechi, ammettono apertamente che nessun’altra religione o stile di vita ha risolto questo problema con lo stesso grado di successo con cui lo ha fatto l’Islam.

  • Il diritto di cooperare e di non cooperare 

L’Islam ha prescritto un principio generale di somma importanza e di applicazione universale dicendo: “Cooperate gli uni con gli altri per virtù e prudenza e non cooperate gli uni con gli altri allo scopo di vizio e aggressione» (5,2). Ciò significa che l’uomo che intraprende un’opera nobile e retta, indipendentemente dal fatto che viva al Polo Nord o al Polo Sud, ha il diritto di aspettarsi sostegno e cooperazione attiva dai musulmani. Al contrario chi compie atti di vizio e di aggressione, anche se è il nostro parente più prossimo o prossimo, non ha il diritto di ottenere il nostro appoggio e aiuto in nome della razza, del paese, della lingua o della nazionalità, né deve avere l’aspettativa che i musulmani coopereranno con lui o lo sosterranno. Né è permesso ai musulmani cooperare con lui. La persona malvagia e malvagia può essere nostro fratello, ma non è dei nostri, e non può avere aiuto o sostegno da noi finché non si pente e non riforma le sue vie. D’altra parte l’uomo che compie atti di virtù e rettitudine può non avere alcuna parentela con i musulmani, ma i musulmani saranno i suoi compagni e sostenitori o almeno i suoi sostenitori.

  • CAPITOLO TRE DIRITTI DEI CITTADINI IN UNO STATO ISLAMICO


Abbiamo discusso dei diritti umani in generale. Ora vorremmo affrontare la questione dei diritti dei cittadini in uno Stato islamico. Poiché questi diritti sono più estesi dei diritti umani generali descritti in precedenza, necessitano di un trattamento separato.

  • La sicurezza della vita e della proprietà

Nel discorso che il Profeta pronunciò in occasione dell’Hajj di addio, disse: “Le vostre vite e proprietà sono interdette l’una all’altra finché non incontrerete il vostro Signore nel Giorno della Resurrezione”. Dio Onnipotente ha stabilito nel Sacro Corano: “Chiunque uccide deliberatamente un credente riceverà come ricompensa (una sentenza) di vivere all’Inferno per sempre. Dio si arrabbierà con lui e lo maledirà, e gli preparerà un terribile tormento” (4:93). Il Profeta ha anche detto dei dhimmi (i cittadini non musulmani dello Stato musulmano): “Chi uccide un uomo sotto alleanza (cioè un dhimmi) non sentirà nemmeno l’odore del paradiso” (al-Bukhari e Abu Dawud) . L’Islam proibisce l’omicidio ma consente solo un’eccezione, che l’uccisione avvenga nel giusto processo di legge che il Corano chiama bi al-haqq (con la verità).

Quindi un uomo può essere ucciso solo quando la legge lo richiede, ed è ovvio che solo un tribunale può decidere se l’esecuzione viene eseguita con giustizia o senza giustificazione. In caso di guerra o insurrezione, solo un governo giusto e retto, che segue la Shari’ah o la Legge islamica, può decidere se una guerra è giusta o ingiusta, se la morte è giustificata o no; e se una persona è ribelle o no e che può essere condannata a morte come punizione.

Queste pesanti decisioni non possono essere lasciate nelle mani di un tribunale che è diventato incurante di Dio ed è sotto l’influenza dell’amministrazione. Una magistratura come questa può far fallire la giustizia. Né i crimini di stato possono essere giustificati sull’autorità del Sacro Corano o delle Tradizioni (hadith) quando lo stato uccide i suoi cittadini apertamente e segretamente senza alcuna esitazione o con il minimo pretesto, perché si oppongono alle sue politiche e azioni ingiuste o criticano esso per il suo misfatto, e fornisce anche protezione ai suoi sicari che si sono resi colpevoli del crimine efferato di omicidio di una persona innocente con il fatto che né la polizia intraprende alcuna azione contro tali criminali né alcuna prova o testimonianza contro questi criminali essere prodotti nei tribunali.

L’esistenza stessa di un tale governo è un crimine e nessuno degli omicidi da loro compiuti può essere chiamato “esecuzione per motivi di giustizia” nella fraseologia del Santo Corano.
Insieme alla sicurezza della vita, l’Islam ha conferito con altrettanta chiarezza e determinazione il diritto alla sicurezza della proprietà dei beni, come accennato in precedenza con riferimento al discorso del Addio Hajj. D’altra parte, il Sacro Corano si spinge fino a dichiarare che l’appropriazione dei beni o delle proprietà delle persone è completamente proibita, a meno che non siano acquisiti con mezzi leciti, come permesso dalla Legge di Dio. La Legge di Dio dichiara categoricamente: “Non divorate i beni degli altri con mezzi falsi e illegali” (2:188).

Una magistratura come questa può far fallire la giustizia. Né i crimini di stato possono essere giustificati sull’autorità del Sacro Corano o delle Tradizioni (hadith) quando lo stato uccide i suoi cittadini apertamente e segretamente senza alcuna esitazione o con il minimo pretesto, perché si oppongono alle sue politiche e azioni ingiuste o criticano esso per il suo misfatto, e fornisce anche protezione ai suoi sicari che si sono resi colpevoli del crimine efferato di omicidio di una persona innocente con il fatto che né la polizia intraprende alcuna azione contro tali criminali né alcuna prova o testimonianza contro questi criminali essere prodotti nei tribunali.

L’esistenza stessa di un tale governo è un crimine e nessuno degli omicidi da loro compiuti può essere chiamato “esecuzione per motivi di giustizia” nella fraseologia del Santo Corano.
Insieme alla sicurezza della vita, l’Islam ha conferito con altrettanta chiarezza e determinazione il diritto alla sicurezza della proprietà dei beni, come accennato in precedenza con riferimento al discorso del Addio Hajj. D’altra parte, il Sacro Corano si spinge fino a dichiarare che l’appropriazione dei beni o delle proprietà delle persone è completamente proibita, a meno che non siano acquisiti con mezzi leciti, come permesso dalla Legge di Dio. La Legge di Dio dichiara categoricamente: “Non divorate i beni degli altri con mezzi falsi e illegali” (2:188).

  • La protezione dell’onore

Il secondo diritto importante è il diritto dei cittadini alla protezione del loro onore. Nel discorso pronunciato in occasione dell’Hajj d’addio, a cui ho fatto riferimento in precedenza, il Profeta non solo ha proibito la vita e la proprietà dei musulmani gli uni agli altri, ma anche ogni invasione del loro onore, il rispetto e la castità erano proibiti gli uni agli altri. Il Sacro Corano stabilisce chiaramente:

(a) “Voi che credete, non permettete che un gruppo di persone si prenda gioco di un altro gruppo.

(b) Non diffamatevi a vicenda.

(c) Non insultatevi con soprannomi.

(d) E non vi insultate e non parlate male gli uni degli altri” (49:11-12).

Questa è la legge dell’Islam per la protezione dell’onore che è davvero molto superiore e migliore della legge occidentale sulla diffamazione. Secondo la legge islamica, se si dimostra che qualcuno ha attaccato l’onore di un’altra persona, allora, indipendentemente dal fatto che la vittima sia in grado o meno di dimostrarsi una persona rispettabile e onorevole, il colpevole riceverà in ogni caso la punizione dovuta. Ma il fatto interessante della legge occidentale sulla diffamazione è che la persona che fa causa per diffamazione deve prima dimostrare di essere un uomo d’onore e di stima pubblica e durante l’interrogatorio è sottoposto agli attacchi scurrili, alle accuse e alle insinuazioni del consiglio di difesa a tal punto che si guadagna più disonore dell’attacco alla sua reputazione contro cui aveva bussato alla porta del tribunale.

Oltre a ciò, deve anche produrre dei testimoni che testimonino in tribunale che, a causa delle accuse diffamatorie del colpevole, l’accusato è disonorato ai loro occhi. Buon Dio, che sottile punto di diritto, e che aderenza allo spirito del diritto! Come può questa legge ingiusta e sleale essere paragonata alla legge divina? L’Islam ha dichiarato la blasfemia come un crimine indipendentemente dal fatto che l’accusato sia un uomo d’onore o meno, e che le parole usate per la blasfemia abbiano effettivamente disonorato la vittima e danneggiato la sua reputazione agli occhi del pubblico o meno. Secondo la legge islamica la semplice prova del fatto che l’accusato ha detto cose che secondo il senso comune avrebbero potuto danneggiare la reputazione e l’onore dell’attore, è sufficiente perché l’accusato sia dichiarato colpevole di diffamazione.

  • La santità e la sicurezza della vita privata

L’Islam riconosce il diritto di ogni cittadino del suo stato che non ci sia alcuna interferenza indebita o invasione nella privacy della sua vita. Il Sacro Corano ha stabilito l’ingiunzione: “Non spiatevi l’un l’altro” (49:12). “Non entrate in nessuna casa se non nelle vostre, a meno che non siate sicuri del consenso dei loro occupanti” (24:27). Il Profeta è arrivato al punto di istruire i suoi seguaci che un uomo non dovrebbe entrare nemmeno nella propria casa improvvisamente o surrettiziamente. Dovrebbe in qualche modo informare o indicare agli abitanti della casa che sta entrando in casa, in modo da non vedere sua madre, sua sorella o sua figlia in una condizione in cui non vorrebbero essere viste, né lui stesso vorrebbe vederle in quella condizione.

Anche sbirciare nelle case di altre persone è stato severamente proibito, tanto che c’è il detto del Profeta che se un uomo trova un’altra persona a sbirciare segretamente in casa sua, e si acceca l’occhio o gli occhi per punizione, allora non può essere chiamato in causa né sarà perseguibile. Il Profeta ha anche proibito alle persone di leggere le lettere degli altri, tanto che se un uomo sta leggendo la sua lettera e un altro uomo gli lancia sguardi di traverso e cerca di leggerla, la sua condotta diventa riprovevole.

Questa è la santità della privacy che l’Islam concede agli individui. D’altra parte nel moderno mondo civilizzato troviamo che non solo le lettere di altre persone vengono lette e la loro corrispondenza censurata, ma persino le loro copie fotostatiche vengono conservate per un uso futuro o per un ricatto. Persino le cimici sono segretamente installate nelle case delle persone in modo da poter ascoltare e registrare a distanza le conversazioni che avvengono a porte chiuse. In altre parole significa che non esiste una cosa come la privacy e a tutti gli effetti la vita privata di un individuo non esiste.

Questo spionaggio sulla vita dell’individuo non può essere giustificato su basi morali dal governo dicendo che è necessario conoscere i segreti delle persone pericolose. Anche se, a tutti gli effetti, la base di questa politica è la paura e il sospetto con cui i governi moderni guardano i loro cittadini che sono intelligenti e insoddisfatti delle politiche ufficiali del governo. Questo è esattamente ciò che l’Islam ha definito come la causa principale del male in politica. L’ingiunzione del Profeta è: “Quando il governante inizia a cercare le cause di insoddisfazione tra il suo popolo, lo rovina” (Abu Dawud). L’Amir Mu’awiyah ha detto che lui stesso ha sentito il Profeta dire: “Se cerchi di scoprire i segreti del popolo, allora lo rovinerai sicuramente o almeno lo porterai sull’orlo della rovina”.

Il significato della frase ‘rovinarli’ è che quando le spie (agenti del CID o dell’FBI) sono sparse per tutto il paese per scoprire gli affari degli uomini, allora il popolo comincia a guardarsi l’un l’altro con sospetto, tanto che le persone hanno paura di parlare liberamente nelle loro case per timore che qualche parola possa uscire dalle labbra delle loro mogli e dei loro figli che li possa mettere in situazioni imbarazzanti. In questo modo diventa difficile per un comune cittadino parlare liberamente, anche in casa propria e la società comincia a soffrire di uno stato di sfiducia e sospetto generale.

  • The Security of Personal Freedom

Islam has also laid down the principle that no citizen can be imprisoned unless his guilt has been proved in an open court. To arrest a man only on the basis of suspicion and to throw him into a prison without proper court proceedings and without providing him a reason- able opportunity to produce his defence is not permissible in Islam. It is related in the hadith that once the Prophet was delivering a lecture in the mosque, when a man rose during the lecture and said: “O Prophet of God, for what crime have my neighbours been arrested?” The Prophet heard the question and continued his speech. The man rose once again and repeated the same question. The Prophet again did not answer and continued his speech.

The man rose for a third time and repeated the same question. Then the Prophet ordered that the man’s neighbours be released. The reason why the Prophet had kept quiet when the question was repeated twice earlier was that the police officer was present in the mosque and if there were proper reasons for the arrest of the neighbours of this man, he would have got up to explain his position. Since the police officer gave no reasons for these arrests the Prophet ordered that the arrested persons should be released. The police officer was aware of the Islamic law and therefore he did not get up to say: “the administration is aware of the charges against the arrested men, but they cannot be disclosed in public. If the Prophet would inquire about their guilt in camera I would enlighten him.” If the police officer had made such a statement, he would have been dis- missed then and there. The fact that the police officer did not give any reasons for the arrests in the open court was sufficient reason for the Prophet to give immediate orders for the release of the arrested men.

The injunction of the Holy Quran is very clear on this point. “When- ever you judge between people, you should judge with (a sense of) justice” (4:58). And the Prophet has also been asked by God: “I have been ordered to dispense justice between you.” This was the reason why the Caliph ‘Umar said: “In Islam no one can be imprisoned except in pursuance of justice.” The words used here clearly indicate that justice means due process of law. What has been prohibited and condemned is that a man be arrested and imprisoned without proof of his guilt in an open court and without providing him an opportunity to defend himself against those charges.

If the Government suspects that a particular individual has committed a crime or he is likely to commit an offence in the near future then they should give reasons for their suspicion before a court of law and the culprit or the suspect should be allowed to produce his defence in an open court, so that the court may decide whether the suspicion against him is based on sound grounds or not and if there is good reason for suspicion, then he should be informed of how long he will be in preventive detention. This decision should be taken under all circumstances in an open court, so that the public may hear the charges brought by the government, as well as the defence made by the accused and see that the due process of law is being applied to him and he is not being victimized.

The correct method of dealing with such cases in Islam is exemplified in the famous decision of the Prophet which took place before the conquest of Makkah. The Prophet was making preparations for the attack on Makkah, when one of his Companions, Hatib ibn Abi Balta’ah sent a letter through a woman to the authorities in Makkah informing them about the impending attack. The Prophet came to know of this through a Divine inspiration. He ordered ‘Ali and Zubayr: “Go quickly on the route to Makkah, at such and such a place, you will find a woman carrying a letter. Recover the letter from her and bring it to me.” So they went and found the woman exactly where the Prophet had said. They recovered the letter from her and brought it to the Prophet.

This was indeed a clear case of treachery. To inform the enemy about a secret of an army and that too at the time of a war is a very serious offence tantamount to treachery. In fact one cannot think of a more serious crime during war than giving out a military secret to one’s enemy. What could have been a more suitable case for a secret hearing; a military secret had been betrayed and common sense demanded that he should be tried in camera. But the Prophet summoned Hatib to the open court of the Mosque of the Prophet and in the presence of hundreds of people asked him to explain his position with regard to his letter addressed to the leaders of Quraysh which had been intercepted on its way.

The accused said: “O God’s Messenger (may God’s blessings be on you) I have not revolted against Islam, nor have I done this with the intention of betraying a military secret. The truth of the matter is that my wife and children are living in Makkah and I do not have my tribe to protect them there. I had written this letter so that the leaders of Quraysh may be indebted to me and may protect my wife and children out of gratitude.” ‘Umar rose and respect- fully submitted: “O Prophet, please permit me to put this traitor to the sword.” The Prophet replied: “He is one of those people who had participated in the Battle of Badr, and the explanation he has advanced in his defence would seem to be correct.”

Let us look at this decision of the Prophet in perspective. It was a clear case of treachery and betrayal of military secrets. But the Prophet acquitted Hatib on two counts. Firstly, that his past records were very clean and showed that he could not have betrayed the cause of Islam, since on the occasion of the Battle of Badr when there were heavy odds against the Muslims, he had risked his life for them. Secondly, his family was in fact in danger at Makkah. Therefore, if he had shown some human weakness for his children and written this letter, then this punishment was quite sufficient for him that his secret offence was divulged in public and he had been disgraced and humiliated in the eyes of the believers.

God has referred to this offence of Hatib in the Holy Quran but did not propose any punishment for him except rebuke and admonition.
The attitude and activities of the Kharijis in the days of the Caliph ‘Ali are well-known to the students of Muslim history. They used to abuse the Caliph openly, and threaten him with murder. But whenever they were arrested for these offences, ‘Ali would set them free and tell his officers “As long as they do not actually perpetrate offences against the State, the mere use of abusive language or the threat of use of force are not such offences for which they can be imprisoned.” The imam Abu Hanifah has recorded the following saying of the Caliph ‘Ali (A): “As long as they do not set out on armed rebellion, the Caliph of the Faithful will not interfere with them.”

On another occasion ‘Ali was delivering a lecture in the mosque when the Kharijis raised their special slogan there. ‘Ali said: “We will not deny you the right to come to the mosques to worship God, nor will we stop to give your share from the wealth of the State, as long as you are with us (and support us in our wars with the unbelievers) and we shall never take military action against you as long as you do not fight with us.” One can visualize the opposition which ‘Ali was facing; more violent and vituperative opposition cannot even be imagined in a present-day democratic State; but the freedom that he had allowed to the opposi- tion was such that no government has ever been able to give to its opposition. He did not arrest even those who threatened him with murder nor did he imprison them.

  • The Right to Protest Against Tyranny


Amongst the rights that Islam has conferred on human beings is the right to protest against government’s tyranny. Referring to it the Quran says: “God does not love evil talk in public unless it is by some- one who has been injured thereby” (4:148). This means that God strongly disapproves of abusive language or strong words of condemna- tion, but the person who has been the victim of injustice or tyranny, God gives him the right to openly protest against the injury that has been done to him. This right is not limited only to individuals. The words of the verse are general.

Therefore if an individual or a group of people or a party usurps power, and after assuming the reins of authority begins to tyrannize individuals or groups of men or the entire population of the country, then to raise the voice of protest against it openly is the God-given right of man and no one has the authority to usurp or deny this right. If anyone tries to usurp this right of citizens then he rebels against God. The talisman of Section 1444 may protect such a tyrant in this world, but it cannot save him from the hell-fire in the Hereafter.

  • Freedom of Expression

Islam gives the right of freedom of thought and expression to all citizens of the Islamic State on the condition that it should be used for the propagation of virtue and truth and not for spreading evil and wickedness. This Islamic concept of freedom of expression is much superior to the concept prevalent in the West. Under no circumstances would Islam allow evil and wickedness to be propagated. It also does not give anybody the right to use abusive or offensive language in the name of criticism. The right to freedom of expression for the sake of propagating virtue and righteousness is not only a right in Islam but an obligation.

One who tries to deny this right to his people is openly at war with God, the All-Powerful. And the same thing applies to the attempt to stop people from evil. Whether this evil is perpetrated by an individual or by a group of people or the government of one’s own country, or the government of some other country; it is the right of a Muslim and it is also his obligation that he should warn and reprimand the evil-doer and try to stop him from doing it. Over and above, he should openly and publicly condemn it and show the course of righteousness which that individual, nation or government should adopt.

The Holy Quran has described this quality of the Faithful in the following words: “They enjoin what is proper and forbid what is improper” (9:71). In contrast, describing the qualities of a hypocrite, the Quran mentions: “They bid what is improper and forbid what is proper” (9:67). The main purpose of an Islamic Government has been defined by God in the Quran as follows: “If we give authority to these men on earth they will keep up prayers, and offer poor-due, bid what is proper and forbid what is improper” (22:41).

The Prophet has said: “If any one of you comes across an evil, he should try to stop it with his hand (using force), if he is not in a position to stop it with his hand then he should try to stop it by means of his tongue (meaning he should speak against it). If he is not even able to use his tongue then he should at least condemn it in his heart.

This is the weakest degree of faith” (Muslim). This obligation of inviting people to righteousness and forbidding them to adopt the paths of evil is incumbent on all true Muslims. If any government deprives its citizens of this right, and prevents them from performing this duty, then it is in direct conflict with the injunction of God. The government is not in conflict with its people, but is in conflict with God. In this way it is at war with God and is trying to usurp that right of its people which God has conferred not only as a right but as an obligation. As far as the government which itself propagates evil, wickedness and obscenity and interferes with those who are inviting people to virtue and righteousness is concerned, according to the Holy Quran it is the government of the hypocrites.

  • Freedom of Association

Islam has also given people the right to freedom of association and formation of parties or organizations. This right is also subject to certain general rules. It should be exercised for propagating virtue and righteousness and should never be used for spreading evil and mischief. We have not only been given this right for spreading righteousness and virtue, but have been ordered to exercise this right. Addressing the Muslims, the Holy Quran declares:
You are the best community which has been brought forth for mankind. You command what is proper and forbid what is improper and you believe in God … (3:110)

This means that it is the obligation and duty of the entire Muslim community that it should invite and enjoin people to righteousness and virtue and forbid them from doing evil. If the entire Muslim community is not able to perform this duty then “let there be a community among you who will invite (people) to (do) good, command what is proper and forbid what is improper, those will be prosperous” (3:104). This clearly indicates that if the entire Muslim nation collectively begins to neglect its obligation to invite people to goodness and forbid them from doing evil then it is absolutely essential that it should contain at least a group of people which may perform this obligation.

As has been said before this is not only a right but an obligation and on the fulfilment of which depends success and prosperity here as well as in the Hereafter. It is an irony with the religion of God that in a Muslim country the assembly and association that is formed for the purposes of spreading evil and mischief should have the right to rule over the country and the association and party which has been formed for propagating righteous- ness and virtue should live in perpetual fear of harassment and of being declared illegal. Conditions here are just the reverse of what has been prescribed by God.

The claim is that we are Muslims and this is an Islamic State5 but the work that is being done is directed to spreading evil, to corrupt and morally degrade and debase the people while there is an active and effective check on the work being carried out for reforming society and inviting people to righteousness. Moreover the life of those who are engaged in spreading righteousness and checking the spread of evil and wickedness is made intolerable and hard to bear.

  • Freedom of Conscience and Conviction


Islam also gives the right to freedom of conscience and conviction to its citizens in an Islamic State. The Holy Quran has laid down the injunction: “There should be no coercion in the matter of faith” (2:256). Though there is no truth and virtue greater than the religion of Truth-Islam, and Muslims are enjoined to invite people to embrace Islam and advance arguments in favour of it, they are not asked to enforce this faith on them. No force will be applied in order to compel them to accept Islam. Whoever accepts it he does so by his own choice. Muslims will welcome such a convert to Islam with open arms and admit him to their community with equal rights and privileges. But if somebody does not accept Islam, Muslims will have to recognize and respect his decision, and no moral, social or political pressure will be put on him to change his mind.

  • Protection of Religious Sentiments

Along with the freedom of conviction and freedom of conscience, Islam has given the right to the individual that his religious sentiments will be given due respect and nothing will be said or done which may encroach upon this right. It has been ordained by God in the Holy Quran: “Do not abuse those they appeal to instead of God” (6:108). These instructions are not only limited to idols and deities, but they also apply to the leaders or national heroes of the people. If a group of people holds a conviction which according to you is wrong, and holds certain persons in high esteem which according to you is not deserved by them, then it will not be justified in Islam that you use abusive language for them and thus injure their feelings.

Islam does not prohibit people from holding debate and discussion on religious matters, but it wants that these discussions should be conducted in decency. “Do not argue with the people of the Book unless it is in the politest manner” (29:46)-says the Quran. This order is not merely limited to the people of the Scriptures, but applies with equal force to those following other faiths.

  • Protection from Arbitrary Imprisonment

Islam also recognizes the right of the individual that he will not be arrested or imprisoned for the offences of others. The Holy Quran has laid down this principle clearly: “No bearer of burdens shall be made to bear the burden of another” (6:164). Islam believes in personal responsibility. We ourselves are responsible for our acts, and the consequence of our actions cannot be transferred to someone else. In other words this means that every man is responsible for his actions. If another man has not shared this action then he cannot be held responsible for it, nor can he be arrested. It is a matter of great regret and shame that we are seeing this just and equitable principle which has not been framed by any human being, but by the Creator and Nourish- er of the entire universe, being flouted and violated before our eyes.

So much so that a man is guilty of a crime or he is a suspect, but his wife being arrested for his crime. Things have gone so far that innocent people are being punished for the crimes of others. To give a recent example, in Karachi (Pakistan), a man was suspected of being involved in a bomb throwing incident. In the course of police investigation he was subjected to horrible torture in order to extract a confession from him. When he insisted on his innocence, then the police arrested his mother, his wife, daughter and sister and brought them to the police station. They were all stripped naked in his presence and he was stripped naked of all his clothes before their eyes so that a confession of the crime could be extracted from him.

It appears as if for the sake of investigation of crime it has become proper and legal in our country to strip the innocent women folk of the household in order to bring pressure on the suspect. This is indeed very outrageous and shameful. This is the height of meanness and depravity. This is not a mere hearsay which I am repeating here, but I have full information about this case and can prove my allegations in any court of law. I would here like to ask what right such tyrants who perpetrate these crimes against mankind have to tell us that they are Muslims or that they are conduct- ing the affairs of the state according to the teachings of Islam and their state is an Islamic State. They are breaching and flouting a clear law of the Holy Quran. They are stripping men and women naked which is strictly forbidden in Islam. They disgrace and humiliate humanity and then they claim that they are Muslims.

  • The Right to Basic Necessities of Life

Islam has recognized the right of the needy people that help and assistance will be provided for them. “And in their wealth there is acknowledged right for the needy and the destitute” (51:19). In this verse, the Quran has not only conferred a right on every man who asks for assistance in the wealth of the Muslims, but has also laid down that if a Muslim comes to know that a certain man is without the basic necessities of life, then irrespective of the fact whether he asks for assistance or not, it is his duty to reach him and give all the help that he can extend. For this purpose Islam has not depended only on the help and charity that is given voluntarily, but has made compulsory charity, zakat as the third pillar of Islam, next only to profession of faith and worship of God through holding regular prayers.

The Prophet has clearly instructed in this respect that: “It will be taken from their rich and given to those in the community in need” (al-Bukhari and Muslim). In addition to this, it has also been declared that the Islamic State should support those who have nobody to support them. The Prophet has said: “The Head of state is the guardian of him, who has nobody to support him” (Abu Dawud, al-Tirmidhi). The word wali which has been used by the Prophet is a very comprehensive word and has a wide range of meanings. If there is an orphan or an aged man, if there is a crippled or unemployed person, if one is invalid or poor and has no one else to support him or help him, then it is the duty and the responsibility of the state to support and assist him.

If a dead man has no guardian or heir, then it is the duty of the state to arrange for his proper burial. In short the state has been entrusted with the duty and responsibility of looking after all those who need help and assistance. A truly Islamic State is therefore a truly welfare state which will be the guardian and protector of all those in need.

Equality Before Law

Islam gives its citizens the right to absolute and complete equality in the eyes of the law. As far as the Muslims are concerned, there are clear instructions in the Holy Quran and hadith that in their rights and obligations they are all equal: “The believers are brothers (to each other)” (49:10). “If they (disbelievers) repent and keep up prayer and pay the Ipoor-due, they are your brothers in faith” (9:11). The Prophet has said that: “The life and blood of Muslims are equally precious” (Abu Dawud; Ibn Majjah). In another hadith he has said: “The protection given by all Muslims is equal. Even an ordinary man of them can grant protection to any man” (al-Bukhari; Muslim; Abu Dawud).

In another more detailed Tradition of the Prophet, it has been said that those who accept the Oneness of God, believe in the Prophet- hood of His Messenger, give up primitive prejudices and join the Muslim community and brotherhood, “then they have the same rights and obligations as other Muslims have” (al-Bukhari; al-Nisa’i). Thus there is absolute equality between the new converts to Islam and the old followers of the Faith.


This religious brotherhood and the uniformity of their rights and obligations is the foundation of equality in Islamic society, in which the rights and obligations of any person are neither greater nor lesser in any way than the rights and obligations of other people. As far as the non- Muslim citizens of the Islamic State are concerned, the rule of Islamic Shari’ah (law) about them has been very well expressed by the Caliph ‘Ali in these words: “They have accepted our protection only because their lives may be like our lives and their properties like our properties” (Abu Dawud). In other words, their (of the dhimmis) lives and properties are as sacred as the lives and properties of the Muslims. Discrimination of people into different classes was one of the greatest crimes that, according to the Quran, Pharaoh used to indulge in: “He had divided his people into different classes,” … “And he suppressed one group of them (at the cost of others)” (28:4).

  • Rulers Not Above the Law

Islam clearly insists and demands that all officials of the Islamic State, whether he be the head or an ordinary employee, are equal in the eyes of the law. None of them is above the law or can claim immunity. Even an ordinary citizen in Islam has the right to put forward a claim or file a legal complaint against the highest executive of the country. The Caliph ‘Umar said, “I have myself seen the Prophet, may God’s blessings be on him, taking revenge against himself (penalizing himself for some shortcoming or failing).” On the occasion of the Battle of Badr, when the Prophet was straightening the rows of the Muslim army he hit the belly of a soldier in an attempt to push him back in line. The soldier complained “O Prophet, you have hurt me with your stick.” The Prophet immediately bared his belly and said: “I am very sorry, you can revenge by doing the same to me.” The soldier came forward and kissed the abdomen of the Prophet and said that this was all that he wanted.

A woman belonging to a high and noble family was arrested in connection with a theft. The case was brought to the Prophet, and it was recommended that she may be spared the punishment of theft. The Prophet replied: “The nations that lived before you were destroyed by God because they punished the common men for their offences and let their dignitaries go unpunished for their crimes; I swear by Him (God) who holds my life in His hand that even if Fatimah, the daughter of Muhammad, has committed this crime then I would have amputated her hand.” During the caliphate of ‘Umar, Muhammad the son of ‘Amr ibn al-‘As the Governor of Egypt, whipped an Egyptian.

The Egyptian went to Medina and lodged his complaint with the Righteous Caliph, who immediately summoned the Governor and his son to Medina. When they appeared before him in Medina, the Caliph handed a whip to the Egyptian complainant and asked him to whip the son of the Governor in his presence. After taking his revenge when the Egyptian was about to hand over the whip to ‘Umar, he said to the Egyptian: “Give one stroke of the whip to the Honourable Governor as well. His son would certainly have not beaten you were it not for the false pride that he had in his father’s high office.” The plaintiff submitted: “The person who had beaten me, I have already avenged myself on him.”

‘Umar said: “By God, if you had beaten him (the Governor) I would not have checked you from doing so. You have spared him of your own free will.” Then he (‘Umar) angrily turned to ‘Amr ibn al-‘As and said: “O ‘Amr, when did you start to enslave the people, though they were born free of their mothers?” When the Islamic State was flourishing in its pristine glory and splendour, the common people could equally lodge complaints against the caliph of the time in the court and the caliph had to appear before the qadi to answer the charges. And if the caliph had any complaint against any citizen, he could not use his administrative powers and authority to set the matter right, but had to refer the case to the court of law for proper adjudication.

  • The Right to Avoid Sin

Islam also confers this right on every citizen that he will not be ordered to commit a sin, a crime or an offence; and if any govern- ment, or the administrator, or the head of department orders an individual to do a wrong, then he has the right to refuse to comply with the order. His refusal to carry out such crime or unjust instructions would not be regarded as an offence in the eyes of the Islamic law. On the contrary giving orders to one’s subordinates to commit a sin or do a wrong is itself an offence and such a serious offence that the officer who gives this sinful order whatever his rank and position may be, is liable to be summarily dismissed. These clear instructions of the Prophet are summarized in the following hadith: “It is not permissible to dis- obey God in obedience to the orders of any human being” (Musnad of Ibn Hanbal).

In other words, no one has the right to order his subordinates to do anything against the laws of God. If such an order is given, the subordinate has the right to ignore it or openly refuse to carry out such instructions. According to this rule no offender will be able to prove his innocence or escape punishment by saying that this offence was committed on the orders of the government or superior officers. If such a situation arises then the person who commits the offence and the person who orders that such an offence be committed, will both be liable to face criminal proceedings against them. And if an officer takes any improper and unjust measures against a subordinate who refuses to carry out illegal orders, then the subordinate has the right to go to the court of law for the protection of his rights, and he can demand that the officer be punished for his wrong or unjust orders.

  • The Right to Participate in the Affairs of State

According to Islam, governments in this world are actually representatives (khulafa’) of the Creator of the universe, and this responsibility is not entrusted to any individual or family or a particular class or group of people but to the entire Muslim nation. The Holy Quran says: “God has promised to appoint those of you who believe and do good deeds as (His) representatives on earth” (24:55). This clearly indicates that khilafah is a collective gift of God in which the right of every individual Muslim is neither more nor less than the right of any other person. The correct method recommended by the Holy Quran for running the affairs of the state is as follows: “And their business is (conducted) through consultation among themselves” (42:38).

According to this principle it is the right of every Muslim that either he should have a direct say in the affairs of the state or a representative chosen by him and other Muslims should participate in the consultation of the state. Islam, under no circumstance, permits or tolerates that an individual or a group or party of individuals may deprive the common Muslims of their rights, and usurp powers of the state. Similarly, Islam does not regard it right and proper that an individual may put up a false show of setting up a legislative assembly and by means of underhand tactics such as fraud, persecution, bribery, etc., gets himself and men of his choice elected in the assembly.

This is not only a treachery against the people whose rights are usurped by illegal and unfair means, but against the Creator Who has entrusted the Muslims to rule on this earth on His behalf, and has prescribed the pro- cedure of an assembly for exercising these powers. The shura or the legislative assembly has no other meaning except that:
(1) The executive head of the government and the members of the assembly should be elected by free and independent choice of the people.
(2) The people and their representatives should have the right to criticize and freely express their opinions.
(3) The real conditions of the country should be brought before the people without suppressing any fact so that they may be able to form their opinion about whether the government is working properly or not.
(4) There should be adequate guarantee that only those people who have the support of the masses should rule over the country and those who fail to win this support should be removed from their position of authority.

  • CHAPTER FOUR RIGHTS OF ENEMIES AT WAR

After dealing with the rights of the citizens of an Islamic State, I would like to briefly discuss the rights which Islam has conferred on its enemies. In the days when Islam came into focus the world was completely unaware of the concept of humane and decent rules of war. The West became conscious of this concept for the first time through the works of the seventeenth century thinker, Grotius. But the actual codification of the ‘international law’ in war began in the middle of the nineteenth century.

Prior to this no concept of civilized behaviour in war was found in the West. All forms of barbarity and savagery were perpetrated in war, and the rights of those at war were not even recognized, let alone respected. The laws which were framed in this field during the nineteenth century or over the following period up to the present day, cannot be called ‘laws’ in the real sense of the word. They are only in the nature of conventions and agreements and calling them ‘international law’ is actually a kind of misnomer, because no nation regards them binding when they are at war, unless, of course, when the adversaries also agree to abide by them.

In other words, these civilized laws imply that if our enemies respect them then we shall also abide by them, and if they ignore these human conventions and take recourse to barbaric and cruel ways of waging war, then we shall also adopt the same or similar techniques. It is obvious that such a course which depends on mutual acceptance and agreement cannot be called ‘law’. And this is the reason why the provisions of this so-called ‘inter- national law’ have been flouted and ignored in every way, and every time they have been revised, additions or deletions have been made in them.

  • Law of War and Peace in Islam:

The rules which have been framed by Islam to make war civilized and humane, are in the nature of law, because they are the injunctions of God and His Prophet which are followed by Muslims in all circum- stances, irrespective of the behaviour of the enemy. It is now for the scholars to find out how far the West has availed of the laws of war given by Islam thirteen hundred years ago; and even after the adapta- tion of some of the laws of Islam how far the West attained those heights of civilized and humane methods of warfare which Muslims reached through the blessings of Islam.

Western writers have often asserted that the Prophet had borrowed everything in his teachings from the Jews and the Christians. Instead of saying anything in its refutation I will only recommend the reader to refer to the Bible6 so that he can see which methods of war are recommended by the sacred Book of these Western claimants to civilization and culture.

We have examined in some detail the basic human rights that Islam has conferred on man. Let us now find out what rights and obligations Islam recognizes for an enemy.

  • The Rights of the Non-Combatants:


Islam has first drawn a clear line of distinction between the combatants and the non-combatants of the enemy country. As far as the non-combatant population is concerned such as women, children, the old and the infirm, etc., the instructions of the Prophet are as follows: “Do not kill any old person, any child or any woman” (Abu Dawud). “Do not kill the monks in monasteries” or “Do not kill the people who are sitting in places of worship” (Musnad of Ibn Hanbal).
During a war, the Prophet saw the corpse of a woman lying on the ground and observed: “She was not fighting. How then she came to be killed?” From this statement of the Prophet the exegetists and jurists have drawn the principle that those who are non-combatants should not be killed during or after the war.
The Rights of the Combatants:
Now let us see what rights Islam has conferred on the combatants.

Torture with Fire
In the hadith there is a saying of the Prophet that: “Punishment by fire does not behove anyone except the Master of the Fire” (Abu Dawud). The injunction deduced from this saying is that the adversary should not be burnt alive.

Protection of the Wounded
“Do not attack a wounded person”-thus said the Prophet. This means that the wounded soldiers who are not fit to fight, nor actually fighting, should not be attacked.

The Prisoner of War Should not be Slain
“No prisoner should be put to the sword”-a very clear and unequivocal instruction given by the Prophet (S).

No one Should be Tied to be Killed
“The Prophet has prohibited the killing of anyone who is tied or is in captivity.”

No Looting and Destruction in the Enemy’s Country
Muslims have also been instructed by the Prophet that if they should enter the enemy’s territory, they should not indulge in pillage or plunder nor destroy the residential areas, nor touch the property of anyone except those who are fighting with them. It has been narrated in the hadith: “The Prophet has prohibited the believers from loot and plunder” (al-Bukhari; Abu Dawud). His injunction is: “The loot is no more lawful than the carrion” (Abu Dawud). Abu Bakr al-Siddiq used to instruct the soldiers while sending them to war, “Do not destroy the villages and towns, do not spoil the cultivated fields and gardens, and do not slaughter the cattle.” The booty of war which is acquired from the battleground is altogether different from this. It consists of the wealth, provisions and equipment captured only from the camps and military headquarters of the combatant armies.

Sanctity of Property
The Muslims have also been prohibited from taking anything from the general public of a conquered country without paying for it. If in a war the Muslim army occupies an area of the enemy country, and is encamped there, it does not have the right to use the things belonging to the people without their consent. If they need anything, they should purchase it from the local population or should obtain permission from the owners. Abu Bakr al-Siddiq, while instructing the Muslim armies being despatched to the battlefront would go to the extent of saying that Muslim soldiers should not even use the milk of the milch cattle without the permission of their owners.

Sanctity of a Dead Body
Islam has categorically prohibited its followers from disgracing or mutilating the corpses of their enemies as was practised in Arabia before the advent of Islam. It has been said in the hadith: “The Prophet has prohibited us from mutilating the corpses of the enemies” (al- Bukhari; AbC Dawud). The occasion on which this order was given is highly instructive. In the Battle of Uhud the disbelievers mutilated the bodies of the Muslims, who had fallen on the battlefield and sacrificed their lives for the sake of Islam, by cutting off their ears and noses, and threading them together to put round their necks as trophies of war. The abdomen of Hamzah, the uncle of the Prophet, was ripped open by Quraysh, his liver was taken out and chewed by Hind, the wife of Abu Sufyan, the leader of the Meccan army.

The Muslims were naturally enraged by this horrible sight. But the Prophet asked his followers not to mete out similar treatment to the dead bodies of the enemies. This great example of forbearance and restraint is sufficient to convince any reasonable man who is not blinded by prejudice or bias, that Islam is really the religion sent down by the Creator of the universe, and that if human emotions had any admission in Islam, then this horrible sight on the battlefield of Uhud would have provoked the Prophet to order his followers to mutilate the bodies of their enemy in the same manner.

Return of Corpses of the Enemy
In the Battle of Ahzab a very renowned and redoubtable warrior of the enemy was killed and his body fell down in the trench which the Muslims had dug for the defence of Medina. The unbelievers presented ten thousand dinars to the Prophet and requested that the dead body of their fallen warrior may be handed over to them. The Prophet replied “I do not sell dead bodies. You can take away the corpse of your fallen comrade.”

Prohibition of Breach of Treaties
Islam has strictly prohibited treachery. One of the instructions that the Prophet used to give to the Muslim warriors while sending them to the battlefront was: “Do not be guilty of breach of faith.” This order has been repeated in the Holy Quran and the hadith again and again, that if the enemy acts treacherously let him do so, you should never go back on your promise. There is a famous incident in the peace treaty of Hudaybiyyah, when after the settlement of the terms of the treaty, Abu Jandal, the son of the emissary of the unbelievers who had negotiated this treaty with the Muslims, came, fettered and blood-stained, rushing to the Muslim camp and crying for help. The Prophet told him “Since the terms of the treaty have been settled, we are not in a position to help you out.

You should go back with your father. God will provide you with some other opportunity to escape this persecution.” The entire Muslim army was deeply touched and grieved at the sad plight of Abu Jandal and many of them were moved to tears. But when the Prophet declared that “We cannot break the agreement”, not even a single person came forward to help the unfortunate prisoner, so the unbelievers forcibly dragged him back to Makkah. This is an unparalleled example of the observance of the terms of agreement by the Muslims, and Islamic history can show many examples of a similar nature.

Rules About Declaration of War
It has been laid down in the Holy Quran: “If you apprehend breach of treaty from a people, then openly throw the treaty at their faces” (8:58). In this verse, Muslims have been prohibited from opening hostilities against their enemies without properly declaring war against them, unless of course, the adversary has already started aggression against them. Otherwise the Quran has clearly given the injunction to Muslims that they should intimate to their enemies that no treaty exists between them, and they are at war with them. The present day ‘inter- national law’ has also laid down that hostilities should not be started without declaration of war, but since it is a man-made rule, they are free to violate it whenever it is convenient. On the other hand, the laws for Muslims have been framed by God, hence they cannot be violated.

  • Conclusion:
    This is a brief sketch of those rights which fourteen hundred years ago Islam gave to man, to those who were at war with each other and to the citizens of its state, which every believer regards as sacred as law. On the one hand, it refreshes and strengthens our faith in Islam when we realize that even in this modern age which makes such loud claims of progress and enlightenment, the world has not been able to produce juster and more equitable laws than those given 1400 years ago. On the other hand it hurts one’s feelings that Muslims are in possession of such a splendid and comprehensive system of law and yet they look forward for guidance to those leaders of the West who could not have dreamed of attaining those heights of truth and justice which was achieved a long time ago. Even more painful than this is the realization that throughout the world the rulers who claim to be Muslims have made disobedience to their God and the Prophet as the basis and foundation of their government. May God have mercy on them and give them the true guidance.